Ex investigatore di spicco avverte che nel 2021, nel momento in cui l’agenzia per la riscossione delle imposte inizierà a concentrare la sua attività sul perseguire “sanzioni civili e, forse, penali”, “un gioco del pollo ad alto rischio” tra il servizio delle Entrate (IRS) e i portavalutazionari di criptovaluta che non comunicano debitamente i loro guadagni, passerà a una diversa fase nel 2021.
Nel suo articolo scritto dall’ex capo della divisione criminale dell’Internal Revenue Service (IRS), coautore di Don Fort, l’ex capo delle indagini penali ha dichiarato che, mentre finora questa agenzia ha incentrato le sue risorse sulle linee guida per la corretta rendicontazione, ora si rivolgerà a una sempre più rigorosa “applicazione” delle sanzioni.
“L’IRS si colloca in una posizione non proprio tranquilla per garantire una transizione fluida tra l’istruzione e la tutela della privacy nel 2021 e oltre”.
In questo articolo si nota che il processo inizia con Coinbase, che rispondendo a una richiesta di convocazione “John Doe” nel 2018 ha passato informazioni sui quasi 13.000 utenti, fornendo loro informazioni che potevano portare presto a una repressione. Per esempio, l’articolo accenna alla richiesta che l’IRS ha inviato a Bitstamp di borsa con sede in Lussemburgo chiedendo informazioni su gli utenti americani.
L’attenzione sui detentori di criptovaluta è in parte dovuta a una “lacuna fiscale” che si sta allargando – la discrepanza tra il reddito totale da imposte che dovrebbe essere pagata al Tesoro e quello che riceve effettivamente – una disgiunzione in cui Fort e il suo co-autore Lawrence Sannicandro sostengono che i detentori di criptovaluta potessero avere un peso maggiore.
“Al 10 dicembre, con la Bitcoin che ha da poco raggiunto nuovi record, il capitale di mercato delle divise criptovalute era di 524 miliardi USD”, si legge nel documento. “Supponendo che le imposte correlate alla criptovaluta di 25 miliardi USD e un tasso di conformità al 50%, le spese fiscali non dichiarate delle criptovalute rappresentano circa il 3,2% del debito d’imposta di 381 miliardi USD”. Perciò, è probabile l’ipotesi che le transazioni fiscali non riferite in criptovaluta contribuiscano in misura significativa alla riduzione della lacuna fiscale”.
Alla fine, l’articolo conclude dicendo che le principali evoluzioni – come nel caso dell’aggiunta di domande sulla criptovaluta, ora collocata in primo piano nella parte superiore del modello 1040 – indicano chiaramente che l’IRS si sta orientando verso un ampio intervento di sradicamento del pagamento inferiore a quello previsto.
“Anche nel 2021, anche se l’IRS non abbia ancora pubblicato molti casi di evasione fiscale o di antiriciclaggio di denaro che implicano l’uso di moneta virtuale, tale tendenza dovrebbe modificare la situazione”.
D’altra parte, i detentori di criptovaluta non dovrebbero mai cercare di fare i birichini quando passa l’uomo delle imposte.